Il Punto
ITALIA - Spalletti: "Lasciando Napoli ho scelto la tristezza, ci siamo presi quello che avevamo costruito, i miei collaboratori mi dissero di andar via dopo il primo anno, ma io ho sempre deciso per me stesso, ADL ha una grande dote comunicativa"
30.04.2024 08:18 di Redazione

NAPOLI - Luciano Spalletti, ex allenatore del Napoli campione d'Italia, ora c.t. della nazionale italiana, ha rilasciato un'intervista al Corriere dello Sport:

 

"Io la tristezza l’ho scelta e abbracciata lasciando Napoli dopo quella cosa là. Sarebbe stato più facile e naturale andare avanti, lavorare con un gruppo che avevamo portato al top, godersi la felicità del momento, quella fatta provare alla gente di Napoli. Ho scelto la tristezza. In fondo a me è riuscito spesso di centrare l’obiettivo e quando lo centro vorrei tanto dare le spalle al mio divano, lasciarmi cadere all’indietro e fermarmi a guardare l’infinito, assaporando la felicità di chi ho reso felice".

 

Oggi più che mai, in una fase del nostro calcio in cui le difficoltà economiche e le emergenze sono addirittura feroci, la vittoria assume un’importanza doppia. Non la si misura più sul piano sportivo, ma in milioni.

 

"Io sono fortunato perché ho sempre ottenuto quello che meritavo. Poi, certo, c’è anche chi ha culo. Talvolta il risultato dipende dalle capacità non solo tecniche di un calciatore, dal singolo episodio. A Napoli ci siamo sempre presi quello che avevamo costruito e meritato". 

 

Il culo sistematico non esiste. Roba da fumetti, da Gastone di Disney.

 

"Ma esiste il culo con la kappa. Domenica scorsa il Napoli avrebbe meritato di vincere e non ha vinto. Sono sfumature che ti fanno ripensare al comportamento tenuto".

 

Poi me la spieghi.

 

"Io non so allenare il cinismo. Allenare per me significa voler bene al calciatore, saperlo difendere, aggiungergli qualcosa. Esiste il calciatore timido che non riesce a esprimere totalmente il proprio potenziale e allora intervengo con il lavoro. Al Napoli ne avevo un paio. Ma adesso appoggia la penna".

 

Agli ordini.

 

"Con l’esercizio cerco di portare il timido nella condizione ideale per alzare il livello del rendimento. Non riesco a fare niente in superficie. Il primo anno a Napoli vivevo in albergo, magnifico, mi portavano la colazione in camera. Poi ho piazzato il lettino nell’ufficio. Per non perdere un solo secondo, anche il più piccolo particolare, mi risparmiavo la mezz’ora di auto da Napoli a Castel Volturno".

 

Hai mai subìto una decisione?

 

"Ho sempre deciso per me stesso. Il mestiere vuol dire 365 giorni di grande lavoro. Dopo il primo anno i miei collaboratori mi dissero “ma cosa restiamo a fare? Hanno venduto tutti”. Erano partiti Mertens, Koulibaly, Ghoulam, Ospina, Insigne, Fabian Ruiz. Tanta qualità. Io volevo sentirmi l’allenatore del Napoli e si è allenatori di una squadra soltanto se si fa qualcosa di effettivamente importante. Quando incontri De Laurentiis la prima cosa che ti dice è “secondi siamo già arrivati e dobbiamo stare sempre in Champions”. Messaggio chiaro e diretto. Così sono ripartito per ottenere quella cosa là, è successo, sarei potuto restare ancora, il grafico prestazionale l’avevamo portato al livello più alto".

 

Che discorsi ha avuto con De Laurentiis?

 

"Io ho due orecchie e una bocca. So ascoltare e al momento giusto parlare. De Laurentiis ha una grande dote comunicativa, un linguaggio scorrevole. E poi dipende sempre dal De Laurentiis che ti ritrovi di fronte, ne esistono almeno quattro o cinque. Con l’intelligenza artificiale potrebbero provare a inventarne altri".

 

Cosa ne pensi di De Rossi?

 

"Credo di conoscerlo molto bene. Penso che il principale merito di Daniele, per quanto sta dando alla Roma, derivi dal fatto che fin dal primo giorno non si è voluto approfittare dell’immenso amore che i tifosi nutrono nei suoi confronti. Ha capito subito che quello poteva essere un vantaggio-boomerang e l’ha messo da parte per investire totalmente nel lavoro sul campo. Sa bene che le idee possono portare allo stadio in festa solo attraverso gli allenamenti settimanali. Non so se Daniele abbia qualcosa di me, ogni tanto però mi ricorda Mazzone, quando gli scoppia la vena ha atteggiamenti che appartenevano al grande Carletto".

 

Hai già deciso chi convocare agli Europei?

 

"Per Euro2024 convoco Baggio, Totti, Antognoni e Del Piero. Ne ho già parlato con Gravina. Con questi fenomeni a bordo campo i ragazzi si caricherebbero, cercando di andare oltre i propri limiti…Presto partirà l’invito ufficiale della Federazione. Se vuoi posso parlarti anche di un 10 tra i pali e non solo".

 

Torniamo a Gravina, c’è chi dice che ti avesse contattato molto prima di metà agosto?

 

"Chi racconta una fesseria del genere dimentica che fu Mancini a rassegnare le dimissioni e le diede all’improvviso. Incontrai il presidente per la prima volta nei giorni seguenti e posso dire di averlo visto in grande difficoltà. L'Europeo? La fiducia deve corrispondere all’amore che si prova per la Nazionale. Più la si ama e più fiducia si ha. Non dobbiamo temere nessuno, mettiamocelo in testa come chiodo fisso. Siamo il mezzo per raggiungere la piena felicità. La nostra e quella di chi ci vuole bene".

 

Pensi già al futuro?

 

"Vivo sempre come se all’ultimo istante potessi cambiare il mio destino. Il cuore ha le sue ragioni, ma talvolta la mente non le riconosce".

 

Cosa ne pensi di Buffon?

 

"Conoscevo Buffon come grande portiere, uomo di calcio e leader di spogliatoio, ma in questo periodo insieme ho capito che è anche un grande amico e che il dirigente sarà all’altezza del campione che è stato. Dimostra di possedere qualità e conoscenze anche in un ruolo completamente nuovo… E se le parole non arrivassero basterà guardarlo per comprendere dove vogliamo andare".

ULTIMISSIME IL PUNTO
TUTTE LE ULTIMISSIME
NOTIZIE SUCCESSIVE >>>
ITALIA - Spalletti: "Lasciando Napoli ho scelto la tristezza, ci siamo presi quello che avevamo costruito, i miei collaboratori mi dissero di andar via dopo il primo anno, ma io ho sempre deciso per me stesso, ADL ha una grande dote comunicativa"

di Napoli Magazine

30/04/2024 - 08:18

NAPOLI - Luciano Spalletti, ex allenatore del Napoli campione d'Italia, ora c.t. della nazionale italiana, ha rilasciato un'intervista al Corriere dello Sport:

 

"Io la tristezza l’ho scelta e abbracciata lasciando Napoli dopo quella cosa là. Sarebbe stato più facile e naturale andare avanti, lavorare con un gruppo che avevamo portato al top, godersi la felicità del momento, quella fatta provare alla gente di Napoli. Ho scelto la tristezza. In fondo a me è riuscito spesso di centrare l’obiettivo e quando lo centro vorrei tanto dare le spalle al mio divano, lasciarmi cadere all’indietro e fermarmi a guardare l’infinito, assaporando la felicità di chi ho reso felice".

 

Oggi più che mai, in una fase del nostro calcio in cui le difficoltà economiche e le emergenze sono addirittura feroci, la vittoria assume un’importanza doppia. Non la si misura più sul piano sportivo, ma in milioni.

 

"Io sono fortunato perché ho sempre ottenuto quello che meritavo. Poi, certo, c’è anche chi ha culo. Talvolta il risultato dipende dalle capacità non solo tecniche di un calciatore, dal singolo episodio. A Napoli ci siamo sempre presi quello che avevamo costruito e meritato". 

 

Il culo sistematico non esiste. Roba da fumetti, da Gastone di Disney.

 

"Ma esiste il culo con la kappa. Domenica scorsa il Napoli avrebbe meritato di vincere e non ha vinto. Sono sfumature che ti fanno ripensare al comportamento tenuto".

 

Poi me la spieghi.

 

"Io non so allenare il cinismo. Allenare per me significa voler bene al calciatore, saperlo difendere, aggiungergli qualcosa. Esiste il calciatore timido che non riesce a esprimere totalmente il proprio potenziale e allora intervengo con il lavoro. Al Napoli ne avevo un paio. Ma adesso appoggia la penna".

 

Agli ordini.

 

"Con l’esercizio cerco di portare il timido nella condizione ideale per alzare il livello del rendimento. Non riesco a fare niente in superficie. Il primo anno a Napoli vivevo in albergo, magnifico, mi portavano la colazione in camera. Poi ho piazzato il lettino nell’ufficio. Per non perdere un solo secondo, anche il più piccolo particolare, mi risparmiavo la mezz’ora di auto da Napoli a Castel Volturno".

 

Hai mai subìto una decisione?

 

"Ho sempre deciso per me stesso. Il mestiere vuol dire 365 giorni di grande lavoro. Dopo il primo anno i miei collaboratori mi dissero “ma cosa restiamo a fare? Hanno venduto tutti”. Erano partiti Mertens, Koulibaly, Ghoulam, Ospina, Insigne, Fabian Ruiz. Tanta qualità. Io volevo sentirmi l’allenatore del Napoli e si è allenatori di una squadra soltanto se si fa qualcosa di effettivamente importante. Quando incontri De Laurentiis la prima cosa che ti dice è “secondi siamo già arrivati e dobbiamo stare sempre in Champions”. Messaggio chiaro e diretto. Così sono ripartito per ottenere quella cosa là, è successo, sarei potuto restare ancora, il grafico prestazionale l’avevamo portato al livello più alto".

 

Che discorsi ha avuto con De Laurentiis?

 

"Io ho due orecchie e una bocca. So ascoltare e al momento giusto parlare. De Laurentiis ha una grande dote comunicativa, un linguaggio scorrevole. E poi dipende sempre dal De Laurentiis che ti ritrovi di fronte, ne esistono almeno quattro o cinque. Con l’intelligenza artificiale potrebbero provare a inventarne altri".

 

Cosa ne pensi di De Rossi?

 

"Credo di conoscerlo molto bene. Penso che il principale merito di Daniele, per quanto sta dando alla Roma, derivi dal fatto che fin dal primo giorno non si è voluto approfittare dell’immenso amore che i tifosi nutrono nei suoi confronti. Ha capito subito che quello poteva essere un vantaggio-boomerang e l’ha messo da parte per investire totalmente nel lavoro sul campo. Sa bene che le idee possono portare allo stadio in festa solo attraverso gli allenamenti settimanali. Non so se Daniele abbia qualcosa di me, ogni tanto però mi ricorda Mazzone, quando gli scoppia la vena ha atteggiamenti che appartenevano al grande Carletto".

 

Hai già deciso chi convocare agli Europei?

 

"Per Euro2024 convoco Baggio, Totti, Antognoni e Del Piero. Ne ho già parlato con Gravina. Con questi fenomeni a bordo campo i ragazzi si caricherebbero, cercando di andare oltre i propri limiti…Presto partirà l’invito ufficiale della Federazione. Se vuoi posso parlarti anche di un 10 tra i pali e non solo".

 

Torniamo a Gravina, c’è chi dice che ti avesse contattato molto prima di metà agosto?

 

"Chi racconta una fesseria del genere dimentica che fu Mancini a rassegnare le dimissioni e le diede all’improvviso. Incontrai il presidente per la prima volta nei giorni seguenti e posso dire di averlo visto in grande difficoltà. L'Europeo? La fiducia deve corrispondere all’amore che si prova per la Nazionale. Più la si ama e più fiducia si ha. Non dobbiamo temere nessuno, mettiamocelo in testa come chiodo fisso. Siamo il mezzo per raggiungere la piena felicità. La nostra e quella di chi ci vuole bene".

 

Pensi già al futuro?

 

"Vivo sempre come se all’ultimo istante potessi cambiare il mio destino. Il cuore ha le sue ragioni, ma talvolta la mente non le riconosce".

 

Cosa ne pensi di Buffon?

 

"Conoscevo Buffon come grande portiere, uomo di calcio e leader di spogliatoio, ma in questo periodo insieme ho capito che è anche un grande amico e che il dirigente sarà all’altezza del campione che è stato. Dimostra di possedere qualità e conoscenze anche in un ruolo completamente nuovo… E se le parole non arrivassero basterà guardarlo per comprendere dove vogliamo andare".