Edy Reja, ex tecnico del Napoli, ha parlato di Marek Hamsik ai microfoni di CalcioNapoli24:
Lei è stato il primo allenatore al Napoli di Mare Hamsik. Me lo racconta il momento nel quale il direttore Marino le parlò del Pocho e di Marek Hamsik?
"Del Pocho sapevo, l'abbiamo visto, l'abbiamo visionato, ho visto delle cassette. Di Marek Hamsik il direttore non mi ha detto assolutamente niente. Io compilavo la lista per andare alla preparazione estiva e non sapevo che ci fosse Hamsik. E' quello il momento nel quale Marino mi disse che aveva preso Hamsik. Un ragazzino, un giocatore di prospettiva, poteva anche dirmelo prima... Siamo andati in preparazione e da allora, appena visto in allenamento durante la settimana, ho visto le grandi qualità e poi non l'ho mai lasciato fuori. Ha fatto tutte le amichevoli senza perdere un minuto, dimostrando grandissima resistenza. Già pronto, nonostante l'età, ad affrontare un campionato importante come quello della Serie A".
Le sono bastati due o tre allenamenti per scoprire le qualità importanti di questo ragazzo...
"Sì, sì, ma intanto mostrava grande personalità, carattere e qualità tecnica, da subito. Un giocatore che giocava con la testa alta, vedeva il gioco, cambi di campo. Poi si inseriva. Non pensavo che riuscisse anche in questo, perché non solo è un ottimo centrocampista, ma è stato un trequartista di grandissimo valore. È stato anche un goleador. E questa è stata veramente una sorpresa, non me la aspettavo".
Mister, lei lo riteneva un leader silenzioso. In che cosa questo suo aspetto veniva fuori?
"È stato sempre d'esempio, come atteggiamento, come comportamento e come si allenava in campo. Tu devi tenere in considerazione come un giocatore si allena durante la settimana, è ciò che ti ritrovi la domenica. E Hamsik era uno di questi".
Con lei è iniziata la scalata di Marek Hamsik, i suoi record tra presenze, gol, vittorie: è diventato una vera e propria leggenda del Napoli
"Sì, dico proprio così, perché poi è stato 10-12 anni: è stato veramente un giocatore importante per il Napoli, determinante più di qualunque altro. Con me lo è stato quasi sempre, si può dire, perché le grandi prestazioni che ha fatto con me sono state veramente fondamentali. E dopo è cresciuto un po' di più perché con l'esperienza e anche con il salto di qualità che ha fatto il Napoli in futuro, lo hanno aiutato".
Il battibecco con Reja in allenamento Mister, è pure un bravissimo ragazzo, un carattere d'oro, ma una volta la mandò a quel paese durante un allenamento
"Ma è normale, perché io ero uno che rompeva le scatole, non è che ero tanto facile, insomma. Perché quando uno non faceva qualcosa che gli chiedevo anche in allenamento, magari insistevo perfino troppo. Da questo punto di vista, va bene, ma sono cose che succedono. Io sono stato a Napoli cinque anni, insomma, ne ho passate parecchie, perché è stata dura per qualcuno. Ci sono stati anche dei momenti di contrasto, però dal contrasto si può migliorare. Hamsik è stato unico, ma ha litigato pochissimo. Ho litigato pochissimo anche perché non serviva. Perché Hamsik era uno tranquillo".
Nel 3-5-2, Marek, con lei era la classica mezzala, i tempi di inserimento erano la sua dote forse più importante
"Sì, lui aveva i tempi giusti. Oltre che saper giocare, oltre che vedere il gioco, aveva dei tempi di inserimento incredibili. Non li sbagliava mai. Lui attaccava lo spazio come nessun altro. È stata sempre la sua caratteristica. Ma già da bambino, non puoi insegnare queste cose. Se uno ce le ha, ce le ha, ma ce le ha di natura. E Hamsik era nato anche per questo ruolo".
Marek che, come dicevamo prima, ha una reazione nei suoi confronti. Ma lei si è mai arrabbiato per qualcosa che ha fatto Marek?
"No, Marek non mi ricordo assolutamente niente di qualcosa che non ha fatto bene. Sembra strano dire così di un giocatore. Però lui è stata una persona straordinaria, di una correttezza unica. Non l'ho mai visto incavolato. Sempre carico. Lui aveva un'intensità negli allenamenti, anche nel gioco, durante la domenica. E ne ho visti pochi. Marek è stato veramente un esempio per tanti".
Il suo rapporto personale? Lei ci ha detto in campo com'era, negli allenamenti...
"Era mio figlio. Ma tutti lo sapevano, infatti gli altri ragazzi mi dicevano che stava arrivando mio figlio. Lo sapevano che avevo una grande simpatia per Marek".
Hamsik-Reja, il rito della maglia Ho scoperto che aveva quasi un rito con Marek. È vero che ogni termine di partita doveva darle la sua maglietta quando lo affrontava?
"Quando sono andato via, in tanti mi chiedevano la sua maglia, anche in Friuli Venezia Giulia. Pizzerie piene, erano tutti napoletani. E telefonavo sempre a Marek per chiedergli una maglietta. E lui puntualmente, non sbagliava un colpo, e me la mandava".
Fu lei a consegnargli la maglia dei record nell'intervallo della gara di Champions con il Genk. Ricorda quel momento, quell'emozione di Marek? Lui quasi in lacrime era all'interno del terreno di gioco.
"E' stato per me un grandissimo orgoglio avere la possibilità di consegnargli questa maglia. Perché dato l'affetto e quello che avevamo passato insieme, è stato veramente un momento commovente e toccante. E io questo ricordo me lo porterò sempre per tutta la mia vita".
Il gol più bello che ha fatto?
"Ne ha fatti tanti. Però mi sembra che abbia fatto un gol, non so se era contro l'Inter che battemmo, verso la fine della partita. E ha fatto un gol partendo dal limite dell'aria, arrivando a saltare due o tre giocatori, infilandoli e mettendo dentro. Un grandissimo gol".
Ha qualcosa che ricorda Scott McTominay?
"Marek era un po' più raffinato nella corsa, un po' più elegante. Anche se McTominay ha sostanza, concretezza straordinaria. Sono due giocatori veramente di grandissimo livello. Due top".
Un aneddoto che vi riguarda?
"Ci trovavamo spesso a mangiare insieme perchè abitavamo a Castel Volturno e io stavo sempre all'Holiday Inn. Ci trovavamo sempre al ristorante. Mi ricordo che con lui, c'era sua sorella, c'erano suo padre e sua madre. Siccome io parlo un po' di sloveno e si avvicina molto alla sua lingua, allora ho cominciato a parlare col papà. 'Ma mister cosa fa?', mi disse: è stata una sorpresa, perché lui non sapeva che io parlassi sloveno. E così ho avuto possibilità di dialogare col padre, raccontandogli cose che non volevo che lui sentisse".
Marek dà l'addio al calcio, appende, come si dice, gli scarpini al chiodo. Mister davanti a Marek. Che cosa si sente di dirgli?
"Marek, hai fatto una grandissima carriera. Al di là delle qualità tecniche e al di là delle qualità di giocatore, quelle che lo conoscono tutti, tu sei stato sempre un grande uomo".
di Napoli Magazine
05/07/2025 - 12:36
Edy Reja, ex tecnico del Napoli, ha parlato di Marek Hamsik ai microfoni di CalcioNapoli24:
Lei è stato il primo allenatore al Napoli di Mare Hamsik. Me lo racconta il momento nel quale il direttore Marino le parlò del Pocho e di Marek Hamsik?
"Del Pocho sapevo, l'abbiamo visto, l'abbiamo visionato, ho visto delle cassette. Di Marek Hamsik il direttore non mi ha detto assolutamente niente. Io compilavo la lista per andare alla preparazione estiva e non sapevo che ci fosse Hamsik. E' quello il momento nel quale Marino mi disse che aveva preso Hamsik. Un ragazzino, un giocatore di prospettiva, poteva anche dirmelo prima... Siamo andati in preparazione e da allora, appena visto in allenamento durante la settimana, ho visto le grandi qualità e poi non l'ho mai lasciato fuori. Ha fatto tutte le amichevoli senza perdere un minuto, dimostrando grandissima resistenza. Già pronto, nonostante l'età, ad affrontare un campionato importante come quello della Serie A".
Le sono bastati due o tre allenamenti per scoprire le qualità importanti di questo ragazzo...
"Sì, sì, ma intanto mostrava grande personalità, carattere e qualità tecnica, da subito. Un giocatore che giocava con la testa alta, vedeva il gioco, cambi di campo. Poi si inseriva. Non pensavo che riuscisse anche in questo, perché non solo è un ottimo centrocampista, ma è stato un trequartista di grandissimo valore. È stato anche un goleador. E questa è stata veramente una sorpresa, non me la aspettavo".
Mister, lei lo riteneva un leader silenzioso. In che cosa questo suo aspetto veniva fuori?
"È stato sempre d'esempio, come atteggiamento, come comportamento e come si allenava in campo. Tu devi tenere in considerazione come un giocatore si allena durante la settimana, è ciò che ti ritrovi la domenica. E Hamsik era uno di questi".
Con lei è iniziata la scalata di Marek Hamsik, i suoi record tra presenze, gol, vittorie: è diventato una vera e propria leggenda del Napoli
"Sì, dico proprio così, perché poi è stato 10-12 anni: è stato veramente un giocatore importante per il Napoli, determinante più di qualunque altro. Con me lo è stato quasi sempre, si può dire, perché le grandi prestazioni che ha fatto con me sono state veramente fondamentali. E dopo è cresciuto un po' di più perché con l'esperienza e anche con il salto di qualità che ha fatto il Napoli in futuro, lo hanno aiutato".
Il battibecco con Reja in allenamento Mister, è pure un bravissimo ragazzo, un carattere d'oro, ma una volta la mandò a quel paese durante un allenamento
"Ma è normale, perché io ero uno che rompeva le scatole, non è che ero tanto facile, insomma. Perché quando uno non faceva qualcosa che gli chiedevo anche in allenamento, magari insistevo perfino troppo. Da questo punto di vista, va bene, ma sono cose che succedono. Io sono stato a Napoli cinque anni, insomma, ne ho passate parecchie, perché è stata dura per qualcuno. Ci sono stati anche dei momenti di contrasto, però dal contrasto si può migliorare. Hamsik è stato unico, ma ha litigato pochissimo. Ho litigato pochissimo anche perché non serviva. Perché Hamsik era uno tranquillo".
Nel 3-5-2, Marek, con lei era la classica mezzala, i tempi di inserimento erano la sua dote forse più importante
"Sì, lui aveva i tempi giusti. Oltre che saper giocare, oltre che vedere il gioco, aveva dei tempi di inserimento incredibili. Non li sbagliava mai. Lui attaccava lo spazio come nessun altro. È stata sempre la sua caratteristica. Ma già da bambino, non puoi insegnare queste cose. Se uno ce le ha, ce le ha, ma ce le ha di natura. E Hamsik era nato anche per questo ruolo".
Marek che, come dicevamo prima, ha una reazione nei suoi confronti. Ma lei si è mai arrabbiato per qualcosa che ha fatto Marek?
"No, Marek non mi ricordo assolutamente niente di qualcosa che non ha fatto bene. Sembra strano dire così di un giocatore. Però lui è stata una persona straordinaria, di una correttezza unica. Non l'ho mai visto incavolato. Sempre carico. Lui aveva un'intensità negli allenamenti, anche nel gioco, durante la domenica. E ne ho visti pochi. Marek è stato veramente un esempio per tanti".
Il suo rapporto personale? Lei ci ha detto in campo com'era, negli allenamenti...
"Era mio figlio. Ma tutti lo sapevano, infatti gli altri ragazzi mi dicevano che stava arrivando mio figlio. Lo sapevano che avevo una grande simpatia per Marek".
Hamsik-Reja, il rito della maglia Ho scoperto che aveva quasi un rito con Marek. È vero che ogni termine di partita doveva darle la sua maglietta quando lo affrontava?
"Quando sono andato via, in tanti mi chiedevano la sua maglia, anche in Friuli Venezia Giulia. Pizzerie piene, erano tutti napoletani. E telefonavo sempre a Marek per chiedergli una maglietta. E lui puntualmente, non sbagliava un colpo, e me la mandava".
Fu lei a consegnargli la maglia dei record nell'intervallo della gara di Champions con il Genk. Ricorda quel momento, quell'emozione di Marek? Lui quasi in lacrime era all'interno del terreno di gioco.
"E' stato per me un grandissimo orgoglio avere la possibilità di consegnargli questa maglia. Perché dato l'affetto e quello che avevamo passato insieme, è stato veramente un momento commovente e toccante. E io questo ricordo me lo porterò sempre per tutta la mia vita".
Il gol più bello che ha fatto?
"Ne ha fatti tanti. Però mi sembra che abbia fatto un gol, non so se era contro l'Inter che battemmo, verso la fine della partita. E ha fatto un gol partendo dal limite dell'aria, arrivando a saltare due o tre giocatori, infilandoli e mettendo dentro. Un grandissimo gol".
Ha qualcosa che ricorda Scott McTominay?
"Marek era un po' più raffinato nella corsa, un po' più elegante. Anche se McTominay ha sostanza, concretezza straordinaria. Sono due giocatori veramente di grandissimo livello. Due top".
Un aneddoto che vi riguarda?
"Ci trovavamo spesso a mangiare insieme perchè abitavamo a Castel Volturno e io stavo sempre all'Holiday Inn. Ci trovavamo sempre al ristorante. Mi ricordo che con lui, c'era sua sorella, c'erano suo padre e sua madre. Siccome io parlo un po' di sloveno e si avvicina molto alla sua lingua, allora ho cominciato a parlare col papà. 'Ma mister cosa fa?', mi disse: è stata una sorpresa, perché lui non sapeva che io parlassi sloveno. E così ho avuto possibilità di dialogare col padre, raccontandogli cose che non volevo che lui sentisse".
Marek dà l'addio al calcio, appende, come si dice, gli scarpini al chiodo. Mister davanti a Marek. Che cosa si sente di dirgli?
"Marek, hai fatto una grandissima carriera. Al di là delle qualità tecniche e al di là delle qualità di giocatore, quelle che lo conoscono tutti, tu sei stato sempre un grande uomo".