In Vetrina
SKY - Conte: "La passione che ho per il calcio mi porta a superare tutte le difficoltà, ora voglio godermi la vittoria dello Scudetto con il Napoli, non avevo un accordo con la Juventus, serve rispetto, ho avuto rassicurazioni dal club azzurro"
13.06.2025 10:00 di Redazione

NAPOLI - Antonio Conte, allenatore del Napoli, si racconta a Federico Buffa Talks su Sky Sport. Nel primo episodio si parla tanto della vittoria dello scudetto al Napoli ma anche della sua ultima stagione in Premier, una delle più difficili della sua carriera: "Sicuramente, la passione che io ho per il calcio mi porta a superare tutte le difficoltà. Dobbiamo sapere cosa siamo disposti a sacrificare. La prima domanda che farei ad un allenatore e a un calciatore è 'cosa sei disposto a perdere?. Il mio primo ritiro l'ho fatto a 15 anni, lì fai una scelta perché sacrifichi le vacanze e l'estate ti dura pochissimo. Io sono uno che ha fatto tutte le scuole e quando finiva la scuola non iniziava la vacanza ma il ritiro in montagna. Quindi, sacrificare l'estate, l'adolescenza e il rapporto con gli amici ti impone questo. Quando arrivo ad Arezzo non sono un allenatore. Sono uno che pensa di essere allenatore in virtù del fatto di essere stato allenato dai più grandi tecnici di quel periodo. Tranne Capello, io sono stato allenato da Sacchi, da Trapattoni, da Lippi, da Ancelotti, da Fascetti, da Mazzone. In realtà però non ero un allenatore. Prendo una bella mazzata nei denti e capisco che devo studiare. Io ad Arezzo ho fatto cinque anni in uno: lì divento allenatore. E ringrazio il Signore di essere stato mandato via, perché se non vengo mandato via e non mi metto a studiare per cercare chi mi può dare di più, magari rimango Antonio Conte che pensa di essere allenatore ma è ancora giocatore nella testa. Sono cicatrici profonde che ti porti, ecco perché io tiro fuori una cattiveria che può far paura o timore. Cerco in tutti i modi di vincere e celebrare la vittoria, cosa che in passato tante volte non ho fatto e mi sono pentito. A Napoli me la sono goduta perché si fa tanto per arrivare al traguardo e una volta che ci arrivi te la devi godere altrimenti non ha senso fare il percorso e tutti quei sacrifici. Del Piero? Ale fu veramente importante perché accettò il fatto di non essere sempre titolare, però nei momenti in cui la palla scottava io l'ho fatto giocare ed è stato determinante per quello scudetto. Ad inizio di quella stagione Andrea Agnelli aveva annunciato che sarebbe stato il suo ultimo anno, e se Ale mi avesse chiesto di continuare con me alla Juve, a me sarebbe piaciuto allungargli di un altro anno la carriera alla Juventus. L'educazione che ricevi dalla famiglia ti segna, segna la tua vita. Chi è genitore sa che abbiamo un compito: ducare i figli nella giusta maniera per fargli capire i valori. L'educazione che ho avuto è stata molto rigida. Fin da bambino, se volevo qualcosa, dovevo dare. C'era un patto tra me e i miei giocatori: se volevo giocare a calcio dovevo andare bene a scuola. Dovevo dare qualcosa per seguire la mia passione, che poi era la passione di papà. Tottenham senza la mia famiglia? E' stato sicuramente un anno difficile, io arrivo lì a novembre che erano noni in classifica. Il primo anno finiamo in Champions superando l'Arsenal, c'era grande rivalità e arrivare in Champions fu come vincere la Premier League per loro! A fine gara, l'ultima col Norwich, si festeggiò l'entrata in Champions League nello spogliatoio. Chiamo il mio staff e dico: 'Non ci abituiamo a questo tipo di festeggiamento', noi non festeggiamo un'entrata in Champions, siamo abituati a festeggiare i titoli. Quindi non ci facciamo trasportare, dico. L'anno dopo, parlo coi calciatori e volevano che restassi. Ma io avevo firmato per un anno e mezzo perché volevo vedere che situazione avrei trovato. In quell'anno capita un po' di tutto, muore Gian Piero Ventrone, ci lascia in pochissimi giorni per leucemia che in quindici giorni lo porta via. Una mazzata tremenda, molto a livello affettivo e psicologico, c'era un grande legame con lui e non è stato facile. In quel periodo va via Gianluca Vialli, col quale mi ero visto il mese prima a ristorante con mia moglie, avevamo mangiato e Gianluca l'avevo visto molto sereno. Stava anche bene. Però in quella cena avevo capito che c'era qualcosa che non andava, mi diede la sensazione che voleva godersi ogni momento. Dopo un mese è mancato Gianluca. Anche là, la vicenda di Sinisa in quel periodo, sono state delle figure molto vicine che mi han portato comunque a pensare, a ripensare su alcune priorità. Avevo la famiglia che era in Italia, mia moglie ha sempre fatto sforzi per starmi più vicino possibile. Ma ho iniziato a chiedermi: quanto ne vale la pena, sacrificare gli amici e la famiglia, quando poi a volte da un giorno all'altro ti ritrovi ad affrontare tragedie e lutti del genere. Questo mi ha mandato in crisi, mi ha fatto cambiare delle priorità. Poi ebbi il problema che mi operai d'urgenza, per esportare la cistifellea perché rischiavo di andare in pancreatite. Dopo quel periodo della morte di Ventrone, c'è stato un altro Antonio? Quel periodo lì, quell'anno, mi ha portato a fare grandi riflessioni sulle priorità da dare. La passione che ho per il calcio mi porta a superare sempre tutte le difficoltà, noi comunque dobbiamo sapere cosa siamo disposti a sacrificare. La Juventus? Fu una scelta di Agnelli? Dietro c'è una storia particolare perchè allenavo il Siena, avevo fatto Bari, Atalanta e ritornato al Siena, chiamato da Perinetti. Raggiungiamo l'obiettivo ma quell'anno c'era Delneri e la Juve non stava andando tanto bene. Io stavo rientrando a casa dal centro sportivo, la racconto perchè particolare, mi arriva una telefonata di Silvio Baldini che adesso allena il Pescara. Con Adani erano venuti due settimane prima a vedere un allenamento mio a Siena. Non avevamo grande confidenza ma si era creata con lui e Adani una certa empatia. Mi saluta e senza dirmi nient'altro, mi dice: vuoi andare ad allenare la Juventus? Io rispondo: 'Sì ma cosa c'entra?', lui mi disse: 'Fai come Guardiola, vai a parlare con Andrea Agnelli e diventi allenatore della Juventus'. Il primo pensiero, chiusa la telefonata, pensai è matto in senso buono! Cosa mi ha suggerito? Pensai. Mi aveva però lasciato un tarlo in testa, che pensai: come faccio a raggiungere Agnelli? Andrea e anche Elkann erano due appassionati di calcio, venivano nello spogliatoio quando io giocavo a calcio alla Juve, stavano con noi nello spogliatoio e vivevano il pre-partita. Penso a Giraudo, lo chiamo e gli dico: 'Dottore, avrei piacere di parlare con Andrea Agnelli, mi piacerebbe salutarlo'. Eravamo a fine campionato. Lui mi disse: 'Guarda Antonio, hanno deciso di confermare l'allenatore. Non ti assicuro niente'. Quindi mi metto l'anima in pace: andiamo in Serie A col Siena, un giorno ero a cena con mia moglie, trovo una telefonata di Giraudo: 'Ciao Antonio, come stai?', era Andrea Agnelli dal telefono di Giraudo! E mi dice che vorrebbe conoscermi perchè è da tanto che non ci vediamo. Ci vediamo a Torino, giocavo col Novara e dopo la gara torno a Torino e vado a casa sua. E lui mi chiede del Siena, mi fa i complimenti per la Serie A. Poi mi dice: 'Volete comprare qualche giocatore da noi?'. E dissi che non eravamo ai livelli, sorridendo. Ma mi fece pensare che non ero nelle idee della Juventus. Stiamo lì a parlare 5 ore, poi viene anche sua moglie, ci salutiamo e son venuto a sapere che la moglie gli avevo chiesto chi fossi, lui aveva risposto: 'Sarà il futuro allenatore della Juventus'. Quindi finisce che noi parliamo 5 ore, entro che non sono l'allenatore della Juve, esco che mi dice: 'il prossimo step è che ti faccio parlare con Marotta'. Avevo toccato le corde giuste. Sapevo di cosa aveva bisogno la Juve in quel momento. Se io sono arrivato alla Juventus è per Silvio Baldini! Senza la sua telefonata, non mi sarei mai proposto. A volte succedono cose nella vita che ti cambia il destino, a me la telefonata di Baldini ha cambiato il destino. Altrimenti sarei rimasto a Siena. Invece vado alla Juventus e vinciamo subito e nasce una bellissima storia, per 9 anni consecutivi la Juve domina in Serie A coi primi 3 miei scudetti. Quei tre anni son stati incredibili: abbiamo vinto lo scudetto al primo anno da imbattuti, una cosa difficilissima. Il Milan era la favorita con Ibrahimovic e Thiago Silva, Cassano, Robinho, Nesta, Gattuso e Ambrosini. Vinciamo da imbattuti, perdemmo solo la finale di Coppa Italia contro il Napoli e fu una annata in cui mettemmo le basi. Io ho fatto 3 anni e i 102 punti che sono qualcosa di incredibile. Da lì è partito tutto. Juventus? La prima partita la facciamo con Pirlo e Marchisio a centrocampo e Vidal in panchina che entra e fa gol nel secondo tempo. Così inizia a crearmi dei pensieri. L'allenatore bravo è come un sarto che deve cucire addosso il miglior abito. Quindi noi quell'anno ci siamo arrivati al 3-5-2 per esigenze diverse. Pirlo a due faceva un po' di fatica ma con due accanto esprimeva tutte le sue potenzialità. Pirlo vedeva dove non vedevano gli altri. Metteva la palla dove, come e quando diceva lui. E noi per lui, ma anche per Chiellini e Bonucci, abbiamo cambiato dopo aver provato vari sistemi, dal 4-2-4 al 4-3-3 per arrivare poi al 3-5-2 che è diventato il modulo che ha fatto la storia della Juve. La cosa che mi è dispiaciuta è che su un eventuale divorzio tra me e il Napoli a un mese dalla fine del campionato si sia parlato di me alla Juventus. Io non avevo alcun accordo con la Juve. A chiunque ha provato ad avvicinarsi ho sempre detto: non parlerò con nessuno fino a quando non avrò parlato con il presidente De Laurentiis. Per me la Juve, era e sarà sempre la Juve così come il Lecce. Nessuno potrà mai inficiare il mio sentimento nei confronti della mia storia, dove sono cresciuto. Mi dà fastidio perché a volte dietro il mio personaggio in tanti ci marciano, perché mi rendo conto che il mio nome è diverso. Anche quest'anno alla presentazione a Napoli in piazzetta iniziano a chiedermi di saltare al 'chi non salta juventino è'. Io li stoppo e dico che non potete chiedermi di fare qualcosa che non farò mai. Ma così come sarà quando andrò via da Napoli. Ci vuole rispetto. È il segreto di Pulcinella quello che è successo: durante l'anno alcune cose non mi hanno fatto felice. L'arrivo solo all'ultima settimana di McTominay, Neres, Lukaku e Gilmour già non mi era piaciuto. A gennaio poi tutti sapete benissimo cosa è successo. Io penso di essere stato molto bravo a incassare, a non dare alibi ai calciatori e a me stesso. Quando tu firmi ci sono oneri e onori. Quando abbiamo parlato, nel momento in cui mi hanno confermato gli errori commessi durante il percorso di questo primo anno di matrimonio. Quando ho avuto rassicurazioni abbiamo deciso di continuare, perché c'è uno Scudetto da difendere e un lavoro da tutelare. Si fa tanto per arrivare al traguardo e vincere, a Napoli me la sono goduta. Perché altrimenti non ha senso fare tutti questi sacrifici".

ULTIMISSIME IN VETRINA
TUTTE LE ULTIMISSIME
NOTIZIE SUCCESSIVE >>>
SKY - Conte: "La passione che ho per il calcio mi porta a superare tutte le difficoltà, ora voglio godermi la vittoria dello Scudetto con il Napoli, non avevo un accordo con la Juventus, serve rispetto, ho avuto rassicurazioni dal club azzurro"

di Napoli Magazine

13/06/2025 - 10:00

NAPOLI - Antonio Conte, allenatore del Napoli, si racconta a Federico Buffa Talks su Sky Sport. Nel primo episodio si parla tanto della vittoria dello scudetto al Napoli ma anche della sua ultima stagione in Premier, una delle più difficili della sua carriera: "Sicuramente, la passione che io ho per il calcio mi porta a superare tutte le difficoltà. Dobbiamo sapere cosa siamo disposti a sacrificare. La prima domanda che farei ad un allenatore e a un calciatore è 'cosa sei disposto a perdere?. Il mio primo ritiro l'ho fatto a 15 anni, lì fai una scelta perché sacrifichi le vacanze e l'estate ti dura pochissimo. Io sono uno che ha fatto tutte le scuole e quando finiva la scuola non iniziava la vacanza ma il ritiro in montagna. Quindi, sacrificare l'estate, l'adolescenza e il rapporto con gli amici ti impone questo. Quando arrivo ad Arezzo non sono un allenatore. Sono uno che pensa di essere allenatore in virtù del fatto di essere stato allenato dai più grandi tecnici di quel periodo. Tranne Capello, io sono stato allenato da Sacchi, da Trapattoni, da Lippi, da Ancelotti, da Fascetti, da Mazzone. In realtà però non ero un allenatore. Prendo una bella mazzata nei denti e capisco che devo studiare. Io ad Arezzo ho fatto cinque anni in uno: lì divento allenatore. E ringrazio il Signore di essere stato mandato via, perché se non vengo mandato via e non mi metto a studiare per cercare chi mi può dare di più, magari rimango Antonio Conte che pensa di essere allenatore ma è ancora giocatore nella testa. Sono cicatrici profonde che ti porti, ecco perché io tiro fuori una cattiveria che può far paura o timore. Cerco in tutti i modi di vincere e celebrare la vittoria, cosa che in passato tante volte non ho fatto e mi sono pentito. A Napoli me la sono goduta perché si fa tanto per arrivare al traguardo e una volta che ci arrivi te la devi godere altrimenti non ha senso fare il percorso e tutti quei sacrifici. Del Piero? Ale fu veramente importante perché accettò il fatto di non essere sempre titolare, però nei momenti in cui la palla scottava io l'ho fatto giocare ed è stato determinante per quello scudetto. Ad inizio di quella stagione Andrea Agnelli aveva annunciato che sarebbe stato il suo ultimo anno, e se Ale mi avesse chiesto di continuare con me alla Juve, a me sarebbe piaciuto allungargli di un altro anno la carriera alla Juventus. L'educazione che ricevi dalla famiglia ti segna, segna la tua vita. Chi è genitore sa che abbiamo un compito: ducare i figli nella giusta maniera per fargli capire i valori. L'educazione che ho avuto è stata molto rigida. Fin da bambino, se volevo qualcosa, dovevo dare. C'era un patto tra me e i miei giocatori: se volevo giocare a calcio dovevo andare bene a scuola. Dovevo dare qualcosa per seguire la mia passione, che poi era la passione di papà. Tottenham senza la mia famiglia? E' stato sicuramente un anno difficile, io arrivo lì a novembre che erano noni in classifica. Il primo anno finiamo in Champions superando l'Arsenal, c'era grande rivalità e arrivare in Champions fu come vincere la Premier League per loro! A fine gara, l'ultima col Norwich, si festeggiò l'entrata in Champions League nello spogliatoio. Chiamo il mio staff e dico: 'Non ci abituiamo a questo tipo di festeggiamento', noi non festeggiamo un'entrata in Champions, siamo abituati a festeggiare i titoli. Quindi non ci facciamo trasportare, dico. L'anno dopo, parlo coi calciatori e volevano che restassi. Ma io avevo firmato per un anno e mezzo perché volevo vedere che situazione avrei trovato. In quell'anno capita un po' di tutto, muore Gian Piero Ventrone, ci lascia in pochissimi giorni per leucemia che in quindici giorni lo porta via. Una mazzata tremenda, molto a livello affettivo e psicologico, c'era un grande legame con lui e non è stato facile. In quel periodo va via Gianluca Vialli, col quale mi ero visto il mese prima a ristorante con mia moglie, avevamo mangiato e Gianluca l'avevo visto molto sereno. Stava anche bene. Però in quella cena avevo capito che c'era qualcosa che non andava, mi diede la sensazione che voleva godersi ogni momento. Dopo un mese è mancato Gianluca. Anche là, la vicenda di Sinisa in quel periodo, sono state delle figure molto vicine che mi han portato comunque a pensare, a ripensare su alcune priorità. Avevo la famiglia che era in Italia, mia moglie ha sempre fatto sforzi per starmi più vicino possibile. Ma ho iniziato a chiedermi: quanto ne vale la pena, sacrificare gli amici e la famiglia, quando poi a volte da un giorno all'altro ti ritrovi ad affrontare tragedie e lutti del genere. Questo mi ha mandato in crisi, mi ha fatto cambiare delle priorità. Poi ebbi il problema che mi operai d'urgenza, per esportare la cistifellea perché rischiavo di andare in pancreatite. Dopo quel periodo della morte di Ventrone, c'è stato un altro Antonio? Quel periodo lì, quell'anno, mi ha portato a fare grandi riflessioni sulle priorità da dare. La passione che ho per il calcio mi porta a superare sempre tutte le difficoltà, noi comunque dobbiamo sapere cosa siamo disposti a sacrificare. La Juventus? Fu una scelta di Agnelli? Dietro c'è una storia particolare perchè allenavo il Siena, avevo fatto Bari, Atalanta e ritornato al Siena, chiamato da Perinetti. Raggiungiamo l'obiettivo ma quell'anno c'era Delneri e la Juve non stava andando tanto bene. Io stavo rientrando a casa dal centro sportivo, la racconto perchè particolare, mi arriva una telefonata di Silvio Baldini che adesso allena il Pescara. Con Adani erano venuti due settimane prima a vedere un allenamento mio a Siena. Non avevamo grande confidenza ma si era creata con lui e Adani una certa empatia. Mi saluta e senza dirmi nient'altro, mi dice: vuoi andare ad allenare la Juventus? Io rispondo: 'Sì ma cosa c'entra?', lui mi disse: 'Fai come Guardiola, vai a parlare con Andrea Agnelli e diventi allenatore della Juventus'. Il primo pensiero, chiusa la telefonata, pensai è matto in senso buono! Cosa mi ha suggerito? Pensai. Mi aveva però lasciato un tarlo in testa, che pensai: come faccio a raggiungere Agnelli? Andrea e anche Elkann erano due appassionati di calcio, venivano nello spogliatoio quando io giocavo a calcio alla Juve, stavano con noi nello spogliatoio e vivevano il pre-partita. Penso a Giraudo, lo chiamo e gli dico: 'Dottore, avrei piacere di parlare con Andrea Agnelli, mi piacerebbe salutarlo'. Eravamo a fine campionato. Lui mi disse: 'Guarda Antonio, hanno deciso di confermare l'allenatore. Non ti assicuro niente'. Quindi mi metto l'anima in pace: andiamo in Serie A col Siena, un giorno ero a cena con mia moglie, trovo una telefonata di Giraudo: 'Ciao Antonio, come stai?', era Andrea Agnelli dal telefono di Giraudo! E mi dice che vorrebbe conoscermi perchè è da tanto che non ci vediamo. Ci vediamo a Torino, giocavo col Novara e dopo la gara torno a Torino e vado a casa sua. E lui mi chiede del Siena, mi fa i complimenti per la Serie A. Poi mi dice: 'Volete comprare qualche giocatore da noi?'. E dissi che non eravamo ai livelli, sorridendo. Ma mi fece pensare che non ero nelle idee della Juventus. Stiamo lì a parlare 5 ore, poi viene anche sua moglie, ci salutiamo e son venuto a sapere che la moglie gli avevo chiesto chi fossi, lui aveva risposto: 'Sarà il futuro allenatore della Juventus'. Quindi finisce che noi parliamo 5 ore, entro che non sono l'allenatore della Juve, esco che mi dice: 'il prossimo step è che ti faccio parlare con Marotta'. Avevo toccato le corde giuste. Sapevo di cosa aveva bisogno la Juve in quel momento. Se io sono arrivato alla Juventus è per Silvio Baldini! Senza la sua telefonata, non mi sarei mai proposto. A volte succedono cose nella vita che ti cambia il destino, a me la telefonata di Baldini ha cambiato il destino. Altrimenti sarei rimasto a Siena. Invece vado alla Juventus e vinciamo subito e nasce una bellissima storia, per 9 anni consecutivi la Juve domina in Serie A coi primi 3 miei scudetti. Quei tre anni son stati incredibili: abbiamo vinto lo scudetto al primo anno da imbattuti, una cosa difficilissima. Il Milan era la favorita con Ibrahimovic e Thiago Silva, Cassano, Robinho, Nesta, Gattuso e Ambrosini. Vinciamo da imbattuti, perdemmo solo la finale di Coppa Italia contro il Napoli e fu una annata in cui mettemmo le basi. Io ho fatto 3 anni e i 102 punti che sono qualcosa di incredibile. Da lì è partito tutto. Juventus? La prima partita la facciamo con Pirlo e Marchisio a centrocampo e Vidal in panchina che entra e fa gol nel secondo tempo. Così inizia a crearmi dei pensieri. L'allenatore bravo è come un sarto che deve cucire addosso il miglior abito. Quindi noi quell'anno ci siamo arrivati al 3-5-2 per esigenze diverse. Pirlo a due faceva un po' di fatica ma con due accanto esprimeva tutte le sue potenzialità. Pirlo vedeva dove non vedevano gli altri. Metteva la palla dove, come e quando diceva lui. E noi per lui, ma anche per Chiellini e Bonucci, abbiamo cambiato dopo aver provato vari sistemi, dal 4-2-4 al 4-3-3 per arrivare poi al 3-5-2 che è diventato il modulo che ha fatto la storia della Juve. La cosa che mi è dispiaciuta è che su un eventuale divorzio tra me e il Napoli a un mese dalla fine del campionato si sia parlato di me alla Juventus. Io non avevo alcun accordo con la Juve. A chiunque ha provato ad avvicinarsi ho sempre detto: non parlerò con nessuno fino a quando non avrò parlato con il presidente De Laurentiis. Per me la Juve, era e sarà sempre la Juve così come il Lecce. Nessuno potrà mai inficiare il mio sentimento nei confronti della mia storia, dove sono cresciuto. Mi dà fastidio perché a volte dietro il mio personaggio in tanti ci marciano, perché mi rendo conto che il mio nome è diverso. Anche quest'anno alla presentazione a Napoli in piazzetta iniziano a chiedermi di saltare al 'chi non salta juventino è'. Io li stoppo e dico che non potete chiedermi di fare qualcosa che non farò mai. Ma così come sarà quando andrò via da Napoli. Ci vuole rispetto. È il segreto di Pulcinella quello che è successo: durante l'anno alcune cose non mi hanno fatto felice. L'arrivo solo all'ultima settimana di McTominay, Neres, Lukaku e Gilmour già non mi era piaciuto. A gennaio poi tutti sapete benissimo cosa è successo. Io penso di essere stato molto bravo a incassare, a non dare alibi ai calciatori e a me stesso. Quando tu firmi ci sono oneri e onori. Quando abbiamo parlato, nel momento in cui mi hanno confermato gli errori commessi durante il percorso di questo primo anno di matrimonio. Quando ho avuto rassicurazioni abbiamo deciso di continuare, perché c'è uno Scudetto da difendere e un lavoro da tutelare. Si fa tanto per arrivare al traguardo e vincere, a Napoli me la sono goduta. Perché altrimenti non ha senso fare tutti questi sacrifici".