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L'ARBITRO - Orsato: "La sudditanza psicologica non esiste, si avverte solo la pressione dei grandi stadi, a Napoli ad ogni gol trema tutto"
11.01.2023 00:28 di Napoli Magazine

NAPOLI - Daniele Orsato, arbitro, ha parlato in un incontro aperto al pubblico organizzato dalla commissione arbitrale della Federazione calcistica ticinese. Queste le sue parole con aneddoti inediti sulla sua carriera raccolte da Repubblica: "Carriera è una parola che non mi piace, preferisco vita arbitrale, per distinguerla dalla vita vera, che è quella di tutti i giorni".

 

Sul Mondiale in Qatar: "Modric mi ha attaccato per il rigore che ho dato all’Argentina nella semifinale con la Croazia? Magari avrà detto qualche parola in più, però è comprensibile, visto quello che lui e i suoi compagni si giocavano quel giorno. Quando ci ritroveremo in campo, sarà tutto passato".

 

Perché in Serie A ci sono tante polemiche sul Var? "Non siamo certo noi a farle. Per noi è un sostegno prezioso, anche se poi bisogna arbitrare come se non ci fosse: pensate al mio amico Marciniak, che nella finale Argentina-Francia, con tre rigori e una simulazione, non ne ha avuto bisogno".

 

Obiettivo Europeo 2024? "Il mio obiettivo è la prossima partita e quella dopo".

 

Il passato di Orsato e l'inizio della carriera: "Io ero un ragazzo di un piccolo paese, Recoaro Terme, che voleva fare l’elettricista. Avevo in testa solo quello, fin da bambino. Giocavo anche a pallone. Arrivai fino alla prima categoria, nel giugno 1992, ma la squadra fallì. Incontrai un amico: senti, Daniele, se non puoi più giocare a pallone con la squadra, perché non fai il corso per arbitri? Gli risposi: sei matto? L’arbitro, per me, era solo uno sfigato che prendeva insulti. Ma lui mi convinse a provare, io chiesi a mio padre se mi accompagnava al corso a Vicenza e scegliemmo Schio, che in auto era più vicina. Iniziai nell’ottobre 1992 e chiesi al mio amico Checco: quanto tempo ci vuole per arrivare in Serie A?. Andai a casa e dissi a mia madre che in 16 anni avrei arbitrato in A, lei stava riposando e si voltò dall’altra parte. Lo dissi a mio fratello e lui scrisse su un foglietto la data, la mia affermazione e il suo commento: cazzata di mio fratello". 

 

Il 4 luglio 2006, arrivò la chiamata di Luigi Agnolin, commissario straordinario dell’Aia: "Io stavo montando un impianto e lui, che non era di molte parole, mi disse solo: complimenti, Orsato, vieni a Sportilia, sei nella Can di Serie A. Allora mio fratello tirò fuori il famoso foglietto. E io cominciai a pensare quello che vedete scritto alle mie spalle".

 

Il calciatore ideale da arbitrare per Orsato? "Javier Zanetti. Una volta il capitano dell’Inter mi disse: ‘Hai sbagliato, ma non ti preoccupare, continua ad arbitrare tranquillo".  

 

Orsato si rivolge ai giovani arbitri presenti tra il pubblico: "Vi grideranno di tutto, vi insulteranno. Ma voi ricordatevi: gridano perché loro non saprebbero mai fare quello che fate voi. E non lasciatevi abbattere dagli ostacoli. A me dissero che non avrei potuto fare carriera internazionale perché non sapevo l’inglese: beh, per due anni ho fatto un corso intensivo con insegnante madrelingua. E a 46 anni sono stato selezionato per il Mondiale insieme a gente più giovane anche di 12-13 anni. Beh, ho fatto in modo di essere in grado di stare al passo con loro, nei test fisici".

 

Cosa serve per diventare un buon arbitro? "Umiltà, capacità di mettere da parte l’arroganza, voglia di ascoltare i consigli dei più esperti. Io lo faccio ancora adesso, eppure uno dei miei consiglieri preferiti ha arbitrato al massimo nelle categorie inferiori. Il resto lo fa soprattutto l’autorevolezza, necessaria per mantenere la disciplina: "Quando eliminate le proteste dei giocatori, il 50% è fatto".

 

Un aneddoto: "Era il 10 febbraio 2008 a San Siro, Milan-Siena. Ammonisco Paolo Maldini per un fallo e lui mi si avvicina: un cartellino giallo per una cosa del genere? Quando lo rivedrai alla tivù, ti renderai conto dell’errore. E io: mi dispiace, abito in un piccolo paese, la tivù non è ancora arrivata. La sudditanza psicologica non esiste, esiste semmai la pressione dello stadio, dei grandi stadi: mi accorsi presto che a Napoli, quando la squadra faceva gol, tutto tremava".

 

Sui recuperi extralarge al Mondiale: "Nessuno ci ha fatto la lista della spesa. Siamo stati un po’ più attenti, più precisi, meno superficiali: tutto qui".

 

Le è mai capitato di pensare: ma chi me l’ha fatto fare? "Certo. Ho vissuto tanti momenti del genere, da giovane, e so che la violenza e gli insulti inammissibili contro gli arbitri restano una costante. Ma non ha senso arrendersi. Io ero un ragazzo timido, fino alle medie avevo paura ad andare a scuola per terrore dei professori. Poi l’arbitraggio mi ha reso più forte. E se sono arrivato fin qui, come dico sempre ai miei due figli, è perché a nessuno ho permesso di distruggermi il sogno".

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L'ARBITRO - Orsato: "La sudditanza psicologica non esiste, si avverte solo la pressione dei grandi stadi, a Napoli ad ogni gol trema tutto"

di Napoli Magazine

11/01/2024 - 00:28

NAPOLI - Daniele Orsato, arbitro, ha parlato in un incontro aperto al pubblico organizzato dalla commissione arbitrale della Federazione calcistica ticinese. Queste le sue parole con aneddoti inediti sulla sua carriera raccolte da Repubblica: "Carriera è una parola che non mi piace, preferisco vita arbitrale, per distinguerla dalla vita vera, che è quella di tutti i giorni".

 

Sul Mondiale in Qatar: "Modric mi ha attaccato per il rigore che ho dato all’Argentina nella semifinale con la Croazia? Magari avrà detto qualche parola in più, però è comprensibile, visto quello che lui e i suoi compagni si giocavano quel giorno. Quando ci ritroveremo in campo, sarà tutto passato".

 

Perché in Serie A ci sono tante polemiche sul Var? "Non siamo certo noi a farle. Per noi è un sostegno prezioso, anche se poi bisogna arbitrare come se non ci fosse: pensate al mio amico Marciniak, che nella finale Argentina-Francia, con tre rigori e una simulazione, non ne ha avuto bisogno".

 

Obiettivo Europeo 2024? "Il mio obiettivo è la prossima partita e quella dopo".

 

Il passato di Orsato e l'inizio della carriera: "Io ero un ragazzo di un piccolo paese, Recoaro Terme, che voleva fare l’elettricista. Avevo in testa solo quello, fin da bambino. Giocavo anche a pallone. Arrivai fino alla prima categoria, nel giugno 1992, ma la squadra fallì. Incontrai un amico: senti, Daniele, se non puoi più giocare a pallone con la squadra, perché non fai il corso per arbitri? Gli risposi: sei matto? L’arbitro, per me, era solo uno sfigato che prendeva insulti. Ma lui mi convinse a provare, io chiesi a mio padre se mi accompagnava al corso a Vicenza e scegliemmo Schio, che in auto era più vicina. Iniziai nell’ottobre 1992 e chiesi al mio amico Checco: quanto tempo ci vuole per arrivare in Serie A?. Andai a casa e dissi a mia madre che in 16 anni avrei arbitrato in A, lei stava riposando e si voltò dall’altra parte. Lo dissi a mio fratello e lui scrisse su un foglietto la data, la mia affermazione e il suo commento: cazzata di mio fratello". 

 

Il 4 luglio 2006, arrivò la chiamata di Luigi Agnolin, commissario straordinario dell’Aia: "Io stavo montando un impianto e lui, che non era di molte parole, mi disse solo: complimenti, Orsato, vieni a Sportilia, sei nella Can di Serie A. Allora mio fratello tirò fuori il famoso foglietto. E io cominciai a pensare quello che vedete scritto alle mie spalle".

 

Il calciatore ideale da arbitrare per Orsato? "Javier Zanetti. Una volta il capitano dell’Inter mi disse: ‘Hai sbagliato, ma non ti preoccupare, continua ad arbitrare tranquillo".  

 

Orsato si rivolge ai giovani arbitri presenti tra il pubblico: "Vi grideranno di tutto, vi insulteranno. Ma voi ricordatevi: gridano perché loro non saprebbero mai fare quello che fate voi. E non lasciatevi abbattere dagli ostacoli. A me dissero che non avrei potuto fare carriera internazionale perché non sapevo l’inglese: beh, per due anni ho fatto un corso intensivo con insegnante madrelingua. E a 46 anni sono stato selezionato per il Mondiale insieme a gente più giovane anche di 12-13 anni. Beh, ho fatto in modo di essere in grado di stare al passo con loro, nei test fisici".

 

Cosa serve per diventare un buon arbitro? "Umiltà, capacità di mettere da parte l’arroganza, voglia di ascoltare i consigli dei più esperti. Io lo faccio ancora adesso, eppure uno dei miei consiglieri preferiti ha arbitrato al massimo nelle categorie inferiori. Il resto lo fa soprattutto l’autorevolezza, necessaria per mantenere la disciplina: "Quando eliminate le proteste dei giocatori, il 50% è fatto".

 

Un aneddoto: "Era il 10 febbraio 2008 a San Siro, Milan-Siena. Ammonisco Paolo Maldini per un fallo e lui mi si avvicina: un cartellino giallo per una cosa del genere? Quando lo rivedrai alla tivù, ti renderai conto dell’errore. E io: mi dispiace, abito in un piccolo paese, la tivù non è ancora arrivata. La sudditanza psicologica non esiste, esiste semmai la pressione dello stadio, dei grandi stadi: mi accorsi presto che a Napoli, quando la squadra faceva gol, tutto tremava".

 

Sui recuperi extralarge al Mondiale: "Nessuno ci ha fatto la lista della spesa. Siamo stati un po’ più attenti, più precisi, meno superficiali: tutto qui".

 

Le è mai capitato di pensare: ma chi me l’ha fatto fare? "Certo. Ho vissuto tanti momenti del genere, da giovane, e so che la violenza e gli insulti inammissibili contro gli arbitri restano una costante. Ma non ha senso arrendersi. Io ero un ragazzo timido, fino alle medie avevo paura ad andare a scuola per terrore dei professori. Poi l’arbitraggio mi ha reso più forte. E se sono arrivato fin qui, come dico sempre ai miei due figli, è perché a nessuno ho permesso di distruggermi il sogno".